Ci sono tante persone in Italia che hanno problemi con fisco.
Per loro, l’incubo del pignoramento è più reale di quanto si possa pensare ma, la normtiva a tutela del debitore prevede che vi siano alcuni beni non pignorabili.
I debiti contratti sono di diversa natura, ma spesso sono verso finanziarie, banche e fornitori.
Per fortuna esistono quelli che vengono definiti proprio come beni impignorabili.
Un creditore può rivalersi su un debitore moroso attraverso il pignoramento dei beni. Si tratta di una procedura esecutiva, che viene attivata dopo che il debitore è stato più volte avvisato di provvedere al pagamento di quanto dovuto.
In tal senso, esistono delle categorie specifiche di beni e crediti che, in nessun modo, si possono sottrarre al debitore. Invece, altre categorie lo sono ma con delle specifiche limitazioni. Entriamo nello specifico.
Beni impignorabili o in parte pignorabili
Il Codice di Procedura Civile stabilisce quali sono i beni non pignorabili e quelli parzialmente pignorabili. Secondo l’articolo 514, rientrano nella prima categoria quei beni che sono fondamentali per il diritto alla vita e alla dignità.
Nel caso specifico, si tratta di stoviglie, vestiti, elettrodomestici e arredi vari fondamentali per sopravvivere. Inoltre, in questa categoria sono presenti anche gli oggetti sacri, i viveri, la biancheria intima e i combustibili fondamentali per sostentamento, ma anche le armi detenute per ragioni di servizio pubblico e gli animali domestici.
Si possono pignorare, invece, i mobili che hanno un enorme valore economico, poiché considerati oggetti di antiquariato importante oppure di grande pregio artistico. Sono esclusi i letti.
Gli altri beni
I libri, gli oggetti o gli strumenti che una persona utilizza per svolgere il proprio lavoro possono essere pignorati soltanto se ci sono altri beni pignorabili.
Ovviamente, bisogna garantire il proseguimento dell’attività lavorativa, quindi è soltanto consentito il pignoramento del quinto del loro valore complessivo.
Per quanto riguarda i beni di famiglia come la casa, si può pignorare soltanto se il valore del debito è inferiore a 120.000 euro oppure l’intera somma dei beni immobili non supera tale cifra o, ancora, se la casa rappresenta l’unico immobile a lui appartenente, a patto che abbia fissato lì la sua residenza.
Discorso differente è quello dei beni mobili estranei alla procedura che non possono essere aggrediti in quanto di competenza di soggetti terzi.
Si può pignorare in parte anche la pensione sociale. Nel caso specifico, si parla di pensione di reversibilità, ossia quella che spetta a un coniuge quando l’altro è deceduto.
In questi casi, l’articolo 13 del D.L. 83/2015 stabilisce che la parte pignorabile è quella eccedente l’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà. Insomma, il pignoramento non può toccare quella parte della pensione che viene considerata necessaria per sopravvivere, che viene attualmente fissata a 525,89 euro.
Ci sono alcune tipologie di conto corrente che non si possono pignorare. Nella fattispecie, sono quelli in cui vengono accreditate le somme che derivano da una rendita sull’assicurazione vita, nonché le pensioni di invalidità e gli assegni di accompagnamento.
Infine lo stipendio. Così come per le pensioni, il recupero crediti ha dei limiti. La Legge di Bilancio 2020 sancisce che il pignoramento debba assicurare un minimo vitale, ossia una soglia oltre alla quale non è possibile pignorare neanche un centesimo.
Quindi, le quote della paga mensile che si possono pignorare, calcolate sulla cifra lorda complessiva, è 1/10 se è inferiore a 2.500 euro, 1/7 se inferiore a 5.000 euro e di 1/5 se supera i 5.000 euro.
L’Avvocato Luca Pompei è il CEO di Rescos SPA, uno studio di avvocati specializzato nel recupero crediti. La filosofia di Rescos è quella di offrire un servizio di recupero crediti completamente gratuito per il creditore, senza alcun costo aggiuntivo. Non ci sono spese di apertura pratica, nessuna percentuale sul credito recuperato e nessun anticipo richiesto.
Laureato con lode presso l’Università di Roma La Sapienza, si è immediatamente orientato verso la professione forense dopo il percorso universitario. Abilitato all’esercizio della professione forense all’età di 26 anni, l’Avv. Luca Pompei offre consulenza legale in vari ambiti del diritto civile e commerciale.
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